MEDIAZ INTERCULTURALE 2
scusate arrivo tardi in questo dibattito, ma è stato tutto talmente rapido che non ho manco avuto tempo di rendermi conto di quello che stava succedendo!!!
Il mio contributo sarà breve, ma comunque ci tenevo a mandarlo.
Vorrei dare due idee:
1 la prima è che secondo me va sottolineato il fatto che l'immigrazione non è un fenomeno unilaterale, cioè che coinvolge solamente le persone che migrano fisicamente, ma è un fenomeno complesso che riguarda ugualmente anche la cosiddette società d'accoglienza. Quando si parla di mediazion culturale spesso si dimentica che anche chi è italiano, non è mai emigrato, ma ha una sensibilità interculturale e vicina ai temi dell'immigrazione, ha una funzione di "mediazione" rispetto ai propri connazionali o anche rispetto agli stessi immigrati. E questo credo sia il nostro specifico ruolo. Sono molto d'accordo con Simmi quando parla di una lavoro fatto insieme, italiani e stranieri.
2 Il secondo punto viene dalla mia personale esperienza di quest'ultimo periodo. Avendo lavorato per un mese come formatrice all'interno di un corso di formazione professionale per mediatori interculturali, ho potuto entrare un pò meglio all'interno dei meccanismi della formazione per mediatori.
Mi sono resa conto che la formazione proposta non è di un cattivo livello culturale, ma ha un aspetto fondamentale che manca: non c'è una vera e propria selezione basata su criteri attitudinali delle persone che si propongono come mediatori. Mi spiego: nel corso in cui ho lavorato io erano 12 persone, tutte adulte, che avevano affrontato una selezione, la quale però era stata passata da tutti perché in pratica c'erano più di 12 posti disponibili e allora non potevano escludere nessuno ( XXX come ente privato è finanziato dalla Regione, la quale dà un tot di soldi per ogni corso, nel quale devono per forza esserci un certo numero di corsisti....).
Il risultato è che si trovavano a fare il corso per mediatori delle persone che non avevano assolutamente alcune attitudine verso la mediazione, anzi erano molto polemiche, estremiste...brave persone, per carità, ma inadatte a quel ruolo. E non è un corso di 600 ore che ti cambia il modo di essere e di porti, per quanto possa formarti e aiutarti.
Questo aspetto della formazione dei mediatori è estremamente pericoloso. Porta a delle situazioni assurde, anche al lavoro ho sentito storie che hanno dell'incredibile ma che in verità sono molto più ordinarie di quanto non pensiamo: mediatrici marocchine che, chiamate per assistere ragazzine marocchine incinte e in procinto di abortire, invece che accompagnarle le fanno le scenate e le prediche dicendo loro che Dio le punirà e cose simili...
Questo è solo un esempio.
Allora: non dico che agli stranieri deve essere negato il diritto di esercitare questa professione, un pezzo della quale è fondamentale che sia fatta proprio da loro. Però la preparazione dovrebbe essere molto più seria, molto più sganciata da logiche quali quelle degli attuali corsi di formazione, e secondo me più di altri tipi di formazione si dovrebbe basare anche su qualità personali dei soggetti che si propongono, perchè la capacità di mediare non si inventa con un corso di formazione, e tantomeno non si inventa la capacità di stare veramente a metà tra due culture. Questo è un processo lunghissimo che appartiene solamente alla rielaborazione personale di ognuno, e sarebbe bello che si proponesse come mediatore soltanto chi, come ho letto in un libro, "abbia fatto pace" con entrambe le culture in cui vive, e sia perciò davvero in grado di accompagnare gli altri in questo processo.
Scusate, mi sono presa bene, ho scritto troppo!!!!
Però era un tema davvero stimolante.
Grazie a tutte per darmi queste occasioni di riflessione.
Fekkia
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